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Campi Flegrei - Storia eruttiva

Il Tufo Giallo Napoletano

L'eruzione del Tufo Giallo Napoletano (TGN), avvenuta 15.000 anni fa è indubbiamente la seconda per impatto sul territorio e energia liberata nella storia dei Campi Flegrei (Orsi et al., 1992; Scarpati et al., 1993; Deino et al., 2004). A quei tempi la morfologia dell’area napoletana era molto diversa da oggi. Il livello del mare era più basso di quello attuale, le isole di Ischia e Procida formavano un’unica penisola e Capri era unita alla penisola sorrentina. Il litorale napoletano era molto più esteso verso sud e l’area oggi occupata dalla città, così come l’area dei Campi Flegrei, era costellata di colline vulcaniche formatesi nei 20.000 anni precedenti.

Affioramenti di Tufo Giallo Napoletano a Capo Posillipo

L'eruzione presenta una dinamica eruttiva complessa a causa dell'interazione acqua/magma e dal verificarsi di un collasso calderico nel corso dell'eruzione di un'area vasta circa 90 km2. L'eruzione ebbe inizio da un centro eruttivo ubicato nell'area nord-orientale dei Campi Flegrei e furono emessi 30-50 km3 di magma (DRE) a composizione da alcalitrachitica a latitica che ricoprirono un'area di circa 1.000 km2. I depositi connessi con l'eruzione del TGN si rinvengono nell'area napoletano-flegrea, nella Piana Campana fino ai rilievi dell'Appennino e sommersi nel Golfo di Napoli.

Stratigrafia e dinamica eruttiva

I depositi piroclastici associati all'eruzione del TGN sono stati suddivisi in due unità principali: il Membro inferiore e il Membro superiore, separati da un contatto stratigrafico discordante che denota una probabile pausa tra la messa in posto dei due membri . L'attività eruttiva che ha prodotto il Membro inferiore è stata fortemente influenzata dal contatto del magma con ingenti masse d'acqua superficiali che ha generato sia livelli da caduta freato-pliniani che livelli da surge piroclastico. La violenta interazione con le masse d'acqua ha generato devastanti correnti piroclastiche, diluite e turbolente che si sono propagate fino a 35 km di distanza dal centro eruttivo. In questa fase dell’eruzione le esplosioni freatomagmatiche si alternarono a violente esplosioni dovute alla sola espansione dei gas magmatici. Queste ultime alimentarono colonne eruttive pliniane, verosimilmente di altezza intorno a 30 km, con dispersione verso E-NE che hanno deposto livelli piroclastici il cui spessore totale massimo osservato è di 11 m.

Il rapido svuotamento della camera magmatica nel corso dell’eruzione provocò il cedimento delle rocce sovrastanti che, non più sostenute dal magma, cominciarono a fratturarsi ed a collassare, determinando la formazione di una caldera. Il magma residuo, ancora presente nella camera magmatica, raggiunse la superficie in più punti attraverso le fratture calderiche generando così numerose eruzioni simultanee che produssero dense correnti piroclastiche. Queste si propagarono attorno all’area calderica, fino ad una distanza di circa 14 km. 

Con il passare dei giorni l’eruzione diminuì di intensità per l’esaurirsi del magma disponibile e la vasta depressione calderica fu invasa dal mare. La cenere rimasta nell’atmosfera lentamente cominciò a depositarsi al suolo. Gli spessori massimi raggiunti dal Membro superiore sono di 100 m all'interno della caldera.

 La Caldera del Tufo Giallo Napoletano

La caldera associata all'eruzione ha una forma lievemente ellittica, con asse maggiore di circa 8 Km e asse minore di circa 7 km, e comprende parte del Golfo di Pozzuoli.

La collina di Posilipo rappresenta l'evoluzione morfologica di una scarpata di faglia prodottasi durante il collasso calderico ed è l'unica evidenza del bordo calderico sulla parte emersa. La maggior parte del bordo calderico può essere ricostruito sulla base di rilievi batimetrici nella parte sommersa della caldera, di evidenze di carattere geofisico, quali prospezioni sismiche, dati gravimetrici e magnetici e sulla base della distribuzione dei centri eruttivi più recenti del TGN  e interpretazioni di perforazioni superficiali e profonde. Nella parte centrale della caldera il terrazzo marino della Starza, oggi una collina a quota 45 m s.l.m. ma in passato sommerso, rappresenta l'evidenza del blocco risorgente intracladerico dopo l'eruzione del TGN.

Recenti studi hanno stimato un sollevamento dei depositi del TGN sommersi di circa 100m nella parte centrale della caldera (Sacchi et al., 2014)

A cura di F. Sansivero

 

Letture consigliate (internazionali)

Deino, A.L., Orsi, G., Piochi, M., de Vita, S., 2004. The age of the Neapolitan Yellow Tuffcaldera-forming eruption (Campi Flegrei caldera – Italy) assessed by 40Ar/39Ardating method. J Volcanol Geoth Res 133, 157–170.

Orsi, G., D’Antonio, M., de Vita, S., Gallo, G., 1992. The Neapolitan Yellow Tuff, alarge-magnitude trachytic phreatoplinian eruption: eruptive dynamics, magmawithdrawal and caldera collapse. J. Volcanol. Geotherm. Res. 53, 275–287.

Scarpati, C., Cole, P., Perrotta, A., 1993. The Neapolitan Yellow Tuff - a large vol-ume multiphase eruption from Campi Flegrei, southern Italy. Bull. Volcanol. 55,343–356.

Sacchi M., Pepe F., Corradino M., Insinga D.D., Molisso F., Lubritto C., 2014. The Neapolitan Yellow Tuff caldera offshore the Campi Flegrei: Stratal architecture and kinematic reconstruction during the last 15ky. Marine Geology, Volume 354, Pages 15-33, ISSN 0025-3227.

 

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