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Vesuvio - Storia eruttiva

L’eruzione di Pompei (79 d.C.)

A. Kauffmann, dipinto raffigurante Plinio il Vecchio, XVIII sec. A. Kauffmann, Plinio il Vecchio, XVIII sec.

L'eruzione del 79 d.C del Vesuvio è probabilmente la più nota eruzione vulcanica della storia. Essa fu descritta da Plinio il Giovane in due lettere in cui raccontava le tragiche circostanze della morte dello zio, Plinio il Vecchio, partito con una nave dal porto militare di Miseno (Campi Flegrei) per portare soccorso agli abitanti di Pompei a seguito dell'eruzione. Da qui il termine eruzione pliniana per questo tipo di fenomeno particolarmente violento e distruttivo. In epoca romana, all'inizio del primo millennio, il Vesuvio non era considerato un vulcano attivo e alle sue pendici sorgevano alcuni fiorenti insediamenti sviluppati grazie alla bellezza e alla fertilità dei luoghi. Sebbene nel 62 d.C. l'area vesuviana fosse stata colpita da un forte terremoto e da evidenti deformazioni del suolo, non fu ipotizzato che l'area potesse avere una natura vulcanica.

L'eruzione di Pompei smantellò una consistente parte dell’edificio del Somma-Vesuvio creando un'ampia caldera il cui centro era quasi del tutto coincidente con l'attuale cratere del Vesuvio (cerchio bianco nell'immagine a seguito)

Caldera dell'eruzione di Pompei Caldera dell'eruzione di Pompei

L'eruzione ebbe luogo il 24 ottobre del 79 d.C. dopo un periodo di quiete durato circa otto secoli. Nel primo pomeriggio una serie di esplosioni, causate dal contatto del magma in risalita con l'acqua della falda superficiale, provocarono l'apertura del condotto eruttivo portando alla creazione di una colonna eruttiva alta circa 25 km sopra il vulcano. Questa fase durò fino alle prime ore del mattino successivo, e fu accompagnata da frequenti terremoti. Nel corso della notte molti abitanti fecero ritorno alle loro case lasciate incustodite e furono sorpresi nella mattinata dal collasso completo della colonna eruttiva con la formazione di devastanti flussi piroclastici che causarono la distruzione totale dell'area di Ercolano, Pompei e Stabia. Nella fase finale dell'eruzione, avvenuta probabilmente nella tarda mattinata del terzo giorno, continuarono a formarsi flussi piroclastici che seppellirono definitivamente le città circostanti e generarono una densa nube di cenere che si disperse nell'atmosfera fino a raggiungere Capo Miseno.

Stratigrafia e dinamica eruttiva

Lo studio dei depositi dell'eruzione ha permesso la suddivisione della successione stratigrafica in 8 differenti unità eruttive (EU), con differenti distribuzioni areali dei depositi al suolo (Cioni, 1996).

Il deposito basale EU 1 rappresenta il prodotto della fase di apertura freatomagmatica avvenuta verosimilmente in un giorno di ottobre del 79 d.C. intorno alle ore 13 (Sigurdsson et al., 1985; Barberi et al., 1989 b). Il livello ha uno spessore massimo di 15 cm ed è costituito da livelli cineritici da caduta, dispersi verso E e contenenti lapilli accrezionali, e subordinati livelli da surges piroclastici distribuiti solo in aree prossimali.

L'unità EU2 consiste in un deposito da caduta costituito da pomici di colore chiaro che termina con livelli cineritici da flusso (EU2f & 2pf). Il deposito ha dispersione SE e raggiunge valori massimi di spessore nell'area di Pompei e sul versante meridionale del vulcano. La deposizione dell'unità EU2 è terminata alle ore 20 circa (Sigurdsson et al., 1982)

L'unità EU3 è costituita da pomici da caduta di colore grigio scuro, depositatesi a partire dalle ore 20 del giorno successivo, con intercalazioni di depositi cineritici da flusso generati da parziali collassi della colonna eruttiva (EU3f & 3pf). Nell'area sud-orientale del vulcano le due unità da caduta sono separate dal primo dei livelli cineritici da flusso (EU3pf). Le unità EU2 e EU3 hanno una dispersione leggermente diversa come illustrato nella figura sottostante.

L'unità EU4 segna un drastico cambiamento nella dinamica eruttiva (Barberi et al., 1989) a causa dell'ingresso di una notevole quantità di acqua nel sistema magmatico. Tale unità, depositatasi a partire dalle ore 8 del terzo giorno, è stata generata da flussi piroclastici diluiti e turbolenti ad alta energia ed ampia dispersione che causarono la distruzione totale dell’area di Ercolano, Pompei e Stabia. La distribuzione dei depositi è pressocchè radiale intorno al vulcano. La massima distanza raggiunta è di 15 km dal cratere.

L'unità EU4 è suddivisibile in tre livelli principali (Cioni et al., 1996):

  • un livello basale grossolano clastosostenuto costituito da frammenti pomicei di colore scuro e ricco in frammenti litici. La gradazione è generalmente diretta ma si ritrova anche massivo, frequente la stratificazione incrociata nella parte alta;
  • uno spesso livello cineritico grossolano intermedio, contenete lenti di pomici chiare e scure e generalmente a stratificazione incrociata. Le strutture deposizionali sono tipiche di surge piroclastici ed elevata energia;
  • un livello cineritico da massivo a laminato, contenete lapilli accrezionali, che aumenta di spessore nelle aree distali ed è spesso assente in quelle prossimali.

Le strutture deposizionali osservate nell'unità EU4 sono rappresentative di un deposito generato da una nube piroclastica turbolenta, fortemente diluita e ad elevata dispersione generatasi da esplosioni freatomagmatiche ad elevata energia, che hanno seguito la fase di colonna sostenuta (Cioni et al., 1986). L'elevata distribuzione areale ed il volume dei depositi implica il collasso totale della colonna eruttiva. La diminuzione progressiva con la distanza dal cratere della granulometria dei depositi suggerisce una deposizione da una nube piroclastica che diminuisce di velocità allontanandosi dal cratere.

La densa nube scura osservata la mattina del 25 ottobre da Plinio il Giovane da Capo Miseno dovrebbe verosimilmente corrispondere, per dispersione e durata, alla generazione dell'unità EU4.

L'elevato contenuto di frammenti litici provenienti dalle pareti della camera magmatica permette di ipotizzare che l'attività freatomagmatica sia iniziata dopo una prima fase di destabilizzazione della camera magmatica, a seguito dell'emissione di più di 3 km3 di magma durante la fase pliniana. La destabilizzazione ha permesso l'ingresso di fluidi esterni al sistema e l'inizio della formazione della caldera viene correlato con la generazione dell'unità EU4. Il collasso totale del sistema di alimentazione viene correlato con la generazione dei depositi di breccia dell'unità EU6.

L'unità EU5 è costituita da depositi cineritici da flusso piroclastico ricchi in litici, con stratificazione incrociata e distribuiti unicamente in alcune paleovalli nella parte alta dei versanti del vulcano.

L'unità EU6 si è prodotta in seguito al definitivo collasso del tetto della camera magmatica e del sistema di alimentazione, con formazione di una struttura calderica. Tale unità è costituita da depositi di breccia grossolani ricchi in litici fortememte eterogenei (clasti di rocce carbonatiche, subvulcaniche e vulcaniche). L'unità è distribuita principalmente nel settore SE del vulcano.

L'unità EU7 è costituita da un livello basale grossolano contenente scorie di colore verde scuro fortemente porfiriche e frammenti litici di marmi e cumulati, su cui poggia un deposito cineritico da massivo a stratificazione dunare che termina con uno spesso livello ricco in lapilli accrezionali.

L'unità EU8 è una spessa sequenza di livelli cineritici freatomagmatici conteneti clasti pomicei di colore chiaro e fortemente arricchiti in lapilli accrezionali con strutture da wet-surges. Nel settore meridionale del vulcano si osservano sia depositi da flusso che da caduta a testimoniarza del verificarsi di numerose esplosioni freatomagmatiche.

 Distribuzione depositi eruzione del 79 d.C.

 

Geochimica dei prodotti

L'analisi dei prodotti dell'eruzione di Pompei mostra una zonazione geochimica da pomichi chiare con composizione fonolitica a pomici scure con composizione tefri-fonolitica. Tale variazione riflette mixing di magmi differenti nel corso dell'eruzione. Secondo alcuni studi la camera magmatica che ha alimentato l'eruzione di Pompei si era evoluta su batch di magma residuo, ricco in cristalli e a composizione tefri-fonolitica, non eruttato durante la precedente eruzione di Avellino. L'eruzione del 79 d.C. si ipotizza abbia utilizzato tale magma nelle fasi più avanzate.

Impatto sul territorio

Calchi di vittime dell'eruzione Calchi di vittime dell'eruzione di Pompei

 

 

 

 

 

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A cura di F. Sansivero

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