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Vesuvio - Storia eruttiva

L’eruzione del 1631

L'eruzione del 1631 ebbe luogo dopo un periodo di quiescenza dell'attività vulcanica che durava da più di cinque secoli e rappresenta indubbiamente l'evento eruttivo tra i più violenti e distruttivi della storia recente del Vesuvio. Le cronache storiche riportano fenomeni precursori quali terremoti e deformazioni del suolo avvertiti dalla popolazione a partire dalla settimana precedente l'eruzione.

Tela di D. Barra sull'eruzione del 1631 Tela di D. Barra sull'eruzione del 1631

Alle 7:00 del 16 dicembre ebbe inizio l'eruzione con la formazione di una colonna eruttiva alta 13-19 Km e la successiva caduta di blocchi e lapilli ad E e NE del vulcano. Questa fase durò fino alle 18:00 dello stesso giorno.

Nel corso della notte tra il 16 ed il 17 dicembre l'eruzione continuò con una serie di esplosioni discrete, accompagnate dalla caduta di ceneri e da forti manifestazioni temporalesche anche nell'area della cità di Napoli.

Alle 10:00 del 17 dicembre furono osservati diversi flussi piroclastici scendere rapidamente lungo i fianchi del vulcano che devastarono numerosi villaggi ai suoi piedi. A causa dei flussi perirono molte persone e furono distrutte numerose costruzioni, ad eccezione di alcuni edifici situati sulle piccole alture. I flussi raggiunsero il mare in corrispondenza delle cittadine di Torre del Greco e Torre Annunziata, sbarrando le vie di fuga alla popolazione che viveva sulla costa.

Nella notte tra il 16 e 17 e nel pomeriggio del 17 dicembre le intense pioggie causarono l'innescarsi di violenti ed estesi lahars (colate di fango sineruttive) che scorsero lungo le valli sui fianchi del vulcano e nelle piane a N e NE.

L'eruzione del 1631 viene considerata dai vulcanologi come l'evento massimo atteso in caso di ripresa dell'attività eruttiva. Il piano di emergenza attualmente adottato dalla Protezione Civile è stato pertanto concepito programmando misure tese a difendere la popolazione dalle conseguenze di un'eruzione di intensità simile a quella del 1631.

Tavole raffiguranti l'eruzione del 1631 Tavole raffiguranti l'eruzione del 1631 con S. Gennaro che salva la città di Napoli

Stratigrafia

La sequenza dei depositi prodotti dall'eruzione del 1631 è stata suddivisa in 4 unità deposizionali principali, relative alle diverse fasi eruttive (Rosi et al., 1993):

  • Fase pliniana (caduta di perticelle)
  • Fase vulcaniana (caduta di particelle)
  • Fase delle nubi ardenti (flussi piroclastici e surges)
  • Fase freatomagmatica (caduta di particelle) e dei lahars

Il deposito da caduta pliniano (a-f), dello spessore massimo di circa 60 cm è costituito da clasti pomicei mediamente vescicolati e di colore da grigio chiaro a grigio scuro, frammenti litici e cristalli (Rosi et al., 1993). Il livello basale (a), ricco in cristalli e caratterizzato da gradazione inversa dei clasti, è attribuito alla fase iniziale di innalzamento della colonna pliniana. La sequenza diventa più grossolana verso l'alto ed è divisibile in due livelli principali in funzione della colorazione. Il livello inferiore (a sua volta suddiviso nei livelli b, c, d) è più chiaro; mentre quello superiore (livelli ei, es, f), è più scuro, grossolano e ricco in clasti litici (f). Le isopache dei depositi pliniani sono ben allungate verso E a causa di un forte vento da ovest. L'altezza massima della colonna è stata stimata in 13 km e 19 km rispettivamente durante l'emissione delle pomici di colore chiaro e delle pomici di colore scuro.

Il deposito da caduta vulcaniano (g), dello spessore di alcuni centimetri, è facilmente distinguibile dai sottostanti depositi pliniani per forte diminuzione delle dimensioni dei clasti e per la sua gradazione diretta.

I depositi da flusso piroclastico (pf), dello spessore massimo di circa 8 m, sono costituiti da almeno 4 unità di flusso, massive e ricche in cenere. Da testimonianze dirette e sulla base dell'alto contenuto in litici si deduce che i flussi piroclastici che hanno generato tali depositi siano stati prodotti durante, e immediatamente dopo un collasso calderico. La grandezza dell'area calderica ed il troncamento del cono immediatamente dopo l'eruzione (1632) sono stati misurati da Gregorio Carafa.

I depositi da caduta freatomagmatici, composti prevalentemente da ceneri e ricchi in lapilli accrezionali, si alternano a depositi di lahar (lh). Quest'ultimi depositi sono suddivisibili in due differenti tipologie. I depositi da lahar inferiori sono parzialmente consolidati, massivi e sono in gran parte costituiti da clasti juvenili (scorie del 1631) immersi in una quantità variabile di matrice cineritica. Ciò testimonia la loro origine dall'erosione dei depositi da caduta sottostanti. Almento tre unità di flusso principali sono individuabili grazie all'intercalazione di livelli tufacei vescicolati dello spessore di alcuni cm (fallout freatomagmatico) che permettono di affermare che i depositi da lahar si stavano mettento in posto mentre procedeva l'attività eruttiva. I depositi da lahar superiori sono fittamente stratificati, con laminazione incrociata e con matrice sabbiosa. Essi sono costituiti sia da piroclasti del 1631 che da materiale precedente e verosimilmente rappresentano il prodotto della rimobilizzazione di materiale a seguito delle intense precipitazioni quando era ormai terminata l'eruzione.

Distribuzione dei prodotti da caduta dell'eruzione del 1631

Distribuzione dei depositi da caduta nella fase pliniana (in azzurro) e dei depositi da flusso piroclastico (in rosso) dell'eruzione del 1631. Le frecce indicano la distribuzione dei lahars

Dimensioni del cono del Vesuvio prima e dopo l'eruzione del 1631

Le dimensioni del cono del Vesuvio prima e dopo l'eruzione del 1631, secondo le misure di Gregorio Carafa

Geochimica dei prodotti

Le scorie del 1631 contengono abbondanti cristalli di leucite e biotite delle dimensioni del cm. La leucite è il minerale più abbondante e alcuni cristalli raggiungono 2 cm in diametro (Rosi et al., 1993). Altri minerali fondamentali presenti sono, in ordine decrescente di abbondanza: clinopirosseno, plagioclasio, ossidi del Fe e Ti e K-felspati. I minerali accessori sono: apatite, granato melanitico, pirite, davyne. Nel diagramma TAS i prodotti del 1631 variano in composizione tra le fonoliti e le fono-tefriti con SiO2 che varia dal 54 al 49 %


Letture consigliate

Rosi, M., Principe, C., & Vecci, R. (1993). The 1631 Vesuvius eruption. A reconstruction based on historical and stratigraphical data. Journal of Volcanology and Geothermal Research, 58(1-4), 151-182.

 

A cura di F. Sansivero

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