
24 novembre - 22 dicembre 2025
La Sede Storica dell'Osservatorio Vesuviano ospita una mostra fotografica sul terremoto del 15 gennaio 1968 che ha interessato il Belìce, ovvero di quel pezzo della Sicilia occidentale compreso tra le province di Agrigento, Trapani e Palermo.
Gli scatti dei fotografi Mondadori (qui Mario De Biasi, Sergio Del Grande, Giorgio Lotti, Alberto Roveri) mostrarono a tutta l’Italia l’incredibile realtà di un pezzo di paese che apparteneva al passato sottolineando il controverso rapporto tra disastri naturali e istituzioni repubblicane italiane.
Per orari e prenotazioni inviare una email all'indirizzo museo.ov@ingv.it secondo le indicazioni riportate alla pagina:
https://www.ov.ingv.it/index.php/orari-e-prenotazioni
Museo del Reale Osservatorio Vesuviano (Palazzina di servizio)
via dell'Osservatorio 14, 80056
Ercolano (NA)
VESUVIO - Valutata la pericolosità delle colate di fango susseguenti alle eruzioni sub-pliniane nella Piana Campana
Per la prima volta, realizzato lo studio sul complesso della pericolosità probabilistica delle colate di fango (lahar) susseguenti due eruzioni storiche del Vesuvio
Con un progetto ambizioso, un team multidisciplinare di ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), della Heriot-Watt University (UK), dell’Università di Pisa, dell’Università di Torino e dell’Università di Bari, è riuscito a valutare quantitativamente la pericolosità sulla Piana Campana delle possibili colate di fango causate dalla ri-mobilizzazione dei depositi di caduta e dei flussi piroclastici durante, o nei mesi immediatamente successivi, un’eruzione del Vesuvio simili a quelle sub-pliniane del 472 e del 1631 d.C. I risultati dello studio, finanziato dal Dipartimento della Protezione Civile (DPC), sono stati pubblicati in tre articoli correlati sulla rivista scientifica internazionale ‘Solid Earth’, dell’European Geophysical Union (EGU).
A seguito di un’eruzione vulcanica è possibile la formazione di un flusso costituito da una miscela di frammenti, in prevalenza vulcanici, e acqua della consistenza del fango che tende ad incanalarsi lungo le valli e a fermarsi ai piedi dei versanti. Il fenomeno, chiamato lahar, rappresenta uno dei più pericolosi tra quelli che accompagnano o seguono le eruzioni vulcaniche: a causa della potenza distruttiva che li contraddistingue, possono provocare cambiamenti significativi nel paesaggio, con impatti drammatici sulla popolazione e sulle infrastrutture.
La Piana Campana, ovvero l’area pianeggiante che si estende dal Tirreno all’Appennino Campano, dal Garigliano alla Penisola Sorrentina, e che racchiude in sé anche i Campi Flegrei e il Vesuvio, risulta essere particolarmente soggetta agli effetti dei lahar, poiché le pendici dei vulcani Vesuvio (propriamente, Somma-Vesuvio) e Campi Flegrei, insieme alle valli e ai rilievi appenninici, sono ricoperti da depositi piroclastici delle eruzioni esplosive di questi vulcani facilmente ri-mobilizzabili, soprattutto dopo piogge intense e/o prolungate.
Il team di scienziati, coordinati dall’INGV, per la prima volta nella vulcanologia, ha valutato la pericolosità probabilistica delle colate di fango (lahar) nel suo complesso.
In particolare, il primo dei tre studi, focalizzato sui rilievi di campagna, ha realizzato uno studio accurato di campo e laboratorio, i cui dati sono stati inclusi in un database completo delle caratteristiche stratigrafiche e sedimentologiche dei depositi delle eruzioni del 472 d.C. (cd. eruzione di Pollena) e di quella più recente del 1631, dei relativi depositi da lahar e del loro impatto sul territorio, che in alcuni casi è stato molto disastroso.
Campioni di queste eruzioni sono stati estratti in circa 500 punti della Piana Campana dislocati a distanze variabili dal Vesuvio (dalle località più vicine fino agli Appennini), sia attraverso scavi archeologici già presenti in quell’area sia con scavi effettuati per lo studio vulcanologico. La loro analisi ha permesso di definire in modo quantitativo gli effetti su larga scala e locali degli eventi studiati.
I depositi piroclastici riconosciuti nell’area studiata rappresentano livelli cronologici ben precisi, fondamentali per la definizione dell’evoluzione geologica e archeologica del paesaggio.

Modello digitale del terreno della zona oggetto di studio, evidenziando la distribuzione spaziale (pallini verdi) dei punti oggetto dei rilievi di campagna
Il secondo studio presenta il nuovo codice IMEX-SfloW2D per la simulazione numerica dei lahar, basato su leggi costitutive ed equazioni che meglio descrivono alcune caratteristiche tipiche della propagazione dei flussi di fango come, ad esempio, i processi di deposizione ed erosione che avvengono durante lo scorrimento della colata, e che sono in grado di modificare significativamente la distanza percorsa dalla colata stessa. Lo studio presenta anche la calibrazione del modello in base ai dati di campagna del primo studio identificando, attraverso un’analisi rigorosa, i processi e i parametri più rilevanti ai fini della stima di pericolosità.

Risultato di una simulazione della propagazione di un lahar originato nel settore nord-ovest del Vesuvio; in particolare mostra l’animazione della simulazione dello spessore del flusso durante la propagazione.
Il terzo studio, basato sui risultati dei primi due, fornisce la risposta all’obiettivo del progetto finanziato dal Dipartimento della Protezione Civile, con la messa a punto di mappe di pericolosità probabilistica dell’invasione delle colate di fango sulla Piana Campana, considerando diverse soglie di spessore e pressione dinamica delle colate. Spessore e pressione, infatti, rappresentano i principali parametri con i quali si quantifica l’impatto delle colate sugli edifici e sull’ambiente urbano. Lo studio tiene conto anche delle incertezze sul volume iniziale delle colate rimobilizzate, sulla disponibilità di materiale piroclastico in caso di eruzione (dovuta, a sua volta, all’incertezza sulla direzione e sulla velocità del vento durante l’eventuale eruzione), e su quale dei diversi bacini idrografici che insistono sulla Piana Campana potrebbe dare origine al lahar.

Mappa di pericolosita’ condizionata all’occorrenza di un lahar da almeno uno dei bacini idrografici considerati in questi studi; in particolare mostra in toni di colore il logaritmo dello spessore massimo del flusso che, in ogni punto, ha una probabilita’ del 5% di essere superato.
Link allo studio 1
Link allo studio 2
Link allo studio 3
Link utili
Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV)
Heriot-Watt University
Università di Pisa (UniPI)
Università di Torino (UniTO)
Università degli Studi di Bari Aldo Moro (UniBA)
Dipartimento della Protezione Civile (DPC)
European Geosciences Union (EGU)
Solid Earth
Venerdì 7 ottobre 2022 nella prestigiosa sede storica dell'Osservatorio Vesuviano a Ercolano (NA) si terrà la presentazione del romanzo di Valeria Parrella “La Fortuna” in un dialogo tra la scrittrice, il Prof. Carlo Doglioni, Presidente dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) e Dott. Mauro Antonio Di Vito, Direttore dell’Osservatorio Vesuviano dell’INGV.
Con l'intervento di Ettore De Lorenzo, giornalista della TGR Rai Campania, dialogheranno sull'eruzione più famosa della storia, sugli eventi prodigiosi della natura, sulla loro bellezza e sulla indispensabile consapevolezza dei rischi naturali.
Valeria Parrella, scrittrice e drammaturga di origine partenopea, nel suo ultimo romanzo rivive gli eventi del 79 d.C. dandone una prospettiva inedita: quella di un adolescente pompeiano che, arruolatosi nella flotta di Plinio il Vecchio, assiste alla distruzione della sua città che, in quel tragico evento, trova l’immortalità nella storia.
Nelle parole del Prof. Doglioni: “La storia dovrebbe insegnare. Dalla memoria del passato abbiamo molti elementi fondanti per la costruzione del nostro futuro. L’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. ha rappresentato, nella sua tragicità, tutti gli effetti della mancanza di conoscenza. Infatti, proprio la convinzione che il Vesuvius fosse solo una montagna e non un vulcano, ha fatto sì che la popolazione non si allarmasse quando, come racconta Plinio il Giovane, eventi sismici già si avvertivano da alcuni giorni. La scienza e l’evoluzione passata della Terra sono un potente mezzo di prevenzione da consegnare alle generazioni future per proteggersi”.
La partecipazione è gratuita fino ad esaurimento posti.

‘La Fortuna’ di Valeria Parrella, ed. Feltrinelli, 2022
Il prodigio viene dalla terra, e scuote aria e acqua. Dal cielo piovono pietre incandescenti e cenere, il mare è denso e la costa sembra viva, ogni mappa disegnata è stravolta, i punti di riferimento smarriti. … Per quel prodigio mancano le parole, non esiste memoria né storia a rassicurare.
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Un nuovo studio multidisciplinare ha permesso di individuare l’esatta datazione dell’evento E di seguire gli effetti dell’eruzione fino a migliaia di chilometri di distanza, aprendo nuovi fronti di ricerca per eventi simili
Tutto sarebbe accaduto tra il 24 e 25 agosto del 79 d.C. È questa, infatti, in base alle conoscenze attuali, la data in cui, secondo la famosa lettera di Plinio il Giovane a Tacito, si verificò l’eruzione di Pompei. Ma la vera data è un’altra!
A quasi 2000 anni dall’episodio che distrusse gran parte del territorio e delle città circostanti, un team internazionale di ricercatori ha analizzato nuovamente l’evento per offrire un piano esaustivo dello stato dell’arte sulle conoscenze dell’eruzione più famosa della storia, a partire dalla vera data in cui accadde.
L’integrazione tra lo studio sul campo, le analisi in laboratorio e la rilettura delle fonti storiche ha consentito di seguire temporalmente tutte le fasi dell’eruzione, dalla camera magmatica fino alla deposizione della cenere in aree lontanissime dal Vesuvio, trovandone traccia fino in Grecia.
Lo studio “The 79 CE eruption of Vesuvius: a lesson from the past and the need of a multidisciplinary approach for developments in volcanology”, recentemente pubblicato sulla prestigiosa rivista ‘Earth-Science Reviews’, è stato condotto dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) in collaborazione con l’Istituto di Geologia Ambientale e Geoingegneria del Consiglio Nazionale delle Ricerche (IGAG-CNR), il Centro Interdipartimentale per lo Studio degli Effetti del Cambiamento Climatico (CIRSEC) e il Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa, il Laboratoire Magmas et Volcans di Clermont-Ferrand (LMV) in Francia e la School of Engineering and Physical Sciences (EPS) della Heriot-Watt University di Edimburgo nel Regno Unito. La ricerca è stata realizzata nell’ambito del progetto di ricerca ‘Pianeta Dinamico’ finanziato dall’INGV.
Il team di ricercatori pluridisciplinari ha raccolto e analizzato criticamente la vasta produzione scientifica disponibile sull’eruzione, integrandola con nuove ricerche.
“Il nostro lavoro esamina con un approccio ampio e multidisciplinare diversi aspetti dell’eruzione del 79 d.C, integrando dati storici, stratigrafici, sedimentologici, petrologici, geofisici, paleoclimatici e di modellazione dei processi magmatici ed eruttivi di uno degli eventi più famosi e devastanti che hanno interessato l’area vulcanica napoletana”, spiega Mauro A. Di Vito, vulcanologo dell’INGV e coordinatore dello studio. “L’articolo parte dalla ridefinizione della data dell’eruzione, che sarebbe avvenuta nell’autunno del 79 d.C. e non il 24 agosto come si è ipotizzato in passato, e prosegue con l’analisi vulcanologica di siti in prossimità del vulcano per poi spostarsi progressivamente fino a migliaia di chilometri di distanza, dove sono state ritrovate tracce dell’eruzione sotto forma di ceneri fini”.
“Fin dal XVIII secolo, la data del 24 agosto è stata oggetto di dibattito fra storici, archeologi e geologi perché incongruente con numerose evidenze”, dice Biagio Giaccio, ricercatore dell’Igag-Cnr e coautore dell’articolo. “Come, ad esempio, i ritrovamenti a Pompei di frutta tipicamente autunnale o le tuniche pesanti indossate dagli abitanti che mal si conciliavano con la data del 24- 25 agosto”, aggiunge Giaccio. La prova definitiva dell’inesattezza della data è però emersa solo pochi anni fa. “Un’iscrizione in carboncino sul muro di un edificio di Pompei che tradotta cita ‘Il sedicesimo giorno prima delle calende di novembre, si abbandonava al cibo in modo smodato’, indicando che l’eruzione avvenne certamente dopo il 17 ottobre”, continua Giaccio.
La data più accreditata è, quindi, quella del 24-25 Ottobre.
La ricerca è stata poi integrata dalla valutazione quantitativa dell’impatto delle singole fasi dell’eruzione sulle aree e sui siti archeologici vicini al vulcano.
“Lo spirito del nostro lavoro è stato quello di comprendere come un evento del passato possa rappresentare una finestra sul futuro, aprendo nuove prospettive per lo studio di eventi simili che potranno verificarsi un domani”, prosegue Domenico Doronzo, vulcanologo dell’INGV e coautore della ricerca. “Questo studio, quindi, consentirà di migliorare l’applicabilità di modelli previsionali, dai fenomeni precursori all’impatto dei vari processi eruttivi e deposizionali, ma potrà anche contribuire a ridurre la vulnerabilità delle aree e delle numerose infrastrutture esposte al rischio vulcanico, non solo in prossimità del vulcano, ma - come ci insegna questo evento - anche a distanza di centinaia di chilometri da esso”.
“Negli ultimi anni è diventato sempre più importante comprendere l’impatto delle eruzioni sul clima anche per poter studiare l’origine e l’impatto di alcune variazioni climatiche brevi. Tuttavia, non conosciamo ancora molto - e con la risoluzione adeguata - delle condizioni climatiche al tempo dell’eruzione del 79 d.C.”, commenta Gianni Zanchetta dell’Università di Pisa e coautore della ricerca.
“In questo lavoro abbiamo cercato di mettere insieme le conoscenze sulle condizioni climatiche regionali al tempo dell’eruzione per tentare una prima sintesi” commenta Monica Bini dell’Università di Pisa “anche per indirizzare le ricerche future su questo aspetto che ha ancora molti lati oscuri”.
I risultati di questo studio hanno ricevuto l’apprezzamento di autentiche icone della vulcanologia mondiale come Raymond Cas, Professore emerito presso la School of Earth Atmosphere and Environment della Monash University (Australia): “L'eruzione del Vesuvio del 79 d.C. è una delle più iconiche nel campo della vulcanologia fisica – dice il noto ricercatore australiano - Le osservazioni su questa eruzione, così come gli innumerevoli studi sui depositi e l'interpretazione dei processi eruttivi, sono alla base di molti dei concetti e della comprensione dei meccanismi delle eruzioni esplosive nella moderna vulcanologia. Una revisione di ciò che si sa sull'eruzione e sui suoi depositi è quindi molto importante per i vulcanologi e giustifica un documento completo e articolato, come questo articolo. Agli autori vanno fatte senz’altro le congratulazioni per i dettagli estremamente completi, estratti dall'enorme documentazione storica e dalla letteratura scientifica contemporanea su questa iconica eruzione”.
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VESUVIUS | Revealing ancient mysteries of the 79 d.C. eruption
A new multidisciplinary study has allowed better date the event and follow the eruption effects up to a thousand kilometers distance
The event would have happened between 24 and 25 August of 79 d.C. This is the date that, based on current knowledge, the eruption of Pompeii occurred, according to the famous letter from Pliny the Younger to Tacitus. But the true date is another!
After centuries of volcanic quiescence, the 79 d.C. eruption of Vesuvius destroyed part of the territory and surrounding towns. At almost two millennia from the eruption, an international team of researchers has analyzed again that event to get to a comprehensive state-of-the-art on the knowledge of the most famous eruption ever, starting from the exact date in which it occurred.
The integration among field studies, laboratory analyses and historical fonts has allowed follow all phases of the eruption over time, from the magma chamber to the ash deposition in areas extremely far from Vesuvius, with traces up to Greece.
The study “The 79 CE eruption of Vesuvius: a lesson from the past and the need of a multidisciplinary approach for developments in volcanology”, recently published on the prestigious journal ‘Earth-Science Reviews’, has been coordinated by Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), in collaboration with Istituto di Geologia Ambientale e Geoingegneria at Consiglio Nazionale delle Ricerche (IGAG-CNR), Centro Interdipartimentale per lo Studio degli Effetti del Cambiamento Climatico (CIRSEC) and Dipartimento di Scienze della Terra at Università di Pisa, Laboratoire Magmas et Volcans at Clermont-Ferrand (LMV) in France, and School of Engineering and Physical Sciences (EPS) at the Heriot-Watt University of Edinburgh in UK. The study has been conducted in the framework of the project ‘Pianeta Dinamico’ funded by INGV.
The team of multidisciplinary researchers has collected then critically analyzed the huge scientific production available for this eruption, by integrating with new discoveries.
“Our work examines with a wide and multidisciplinary approach different aspects of the 79 d.C. eruption, by integration of historical, stratigraphic, sedimentological, petrological, geophysical, paleoclimatic and modelling data, referring to the magmatic and eruptive processes of one among the most famous and devastating events occurred in the Neapolitan volcanic area’’, explains Mauro A. Di Vito, volcanologist at INGV and coordinator of the study. ‘‘The work starts by dating the eruption, which would have occurred in the autumn and not on 24 August of 79 d.C. as previously thought, and continues by analyzing the volcanological data available in proximity of the volcano, getting to thousand kilometers distance where traces of the eruption have been found in the form of fine ash’’.
“Since the 18th century, the date of 24th August has been the subject of debate among historians, archaeologists and geologists because it is inconsistent with numerous evidences", says Biagio Giaccio, researcher of the Igag-Cnr and co-author of the article. “Such as, for example, the finds in Pompeii of typically autumnal fruits or the heavy tunics worn by the inhabitants that were badly reconciled with the date of 24-25 August”, adds Giaccio. The definitive proof of the inaccuracy of the date, however, only emerged a few years ago. “An inscription in charcoal on the wall of a building in Pompeii which translated quotes 'The sixteenth day before the calends of November, he indulged in food in an immoderate way', indicating that the eruption certainly occurred after 17 October”, continues Giaccio.
The date more accredited is therefore now that of 24-25 October.
The study has been integrated by a quantitative assessment of the impact of single phases of the eruption on those areas, including archaeological sites, close to the volcano.
‘‘The spirit of our work has been that of understand how a past event can represent a window to the future, by opening to new perspectives for the study of similar events that might occur again’’, continues Domenico Doronzo, volcanologist of INGV and co-author of the research. ‘‘This study will allow improve the applicability of forecasting models, from precursory phenomena to impact in eruptive and depositional processes. It will also allow contribute reducing the vulnerability for those areas and infrastructures exposed to volcanic risk, not only close to the volcano but also – as the 79 d.C. event teaches – at hundred kilometers distance from it’’.
"In recent years, it has become increasingly important to understand the impact of eruptions on climate also to be able to study the origin and impact of some short climatic variations. However, we still do not know a lot - and with the appropriate resolution - of the climatic conditions at the time of the eruption of 79 d.C." comments Gianni Zanchetta of the University of Pisa and co-author of the research.
"In this work we combined knowledge on regional climatic conditions at the time of the eruption to attempt a first synthesis" comments Monica Bini of the University of Pisa, co-author of the reseach. "Also, to direct future research on this aspect which still has many dark sides".
The results of this study have received the appreciation of a world icon of volcanology like Raymond Cas, Prof. emeritus at the School of Earth Atmosphere and Environment of the Monash University (Australia) ‘‘The 79 AD eruption of Vesuvius volcano is one of the most iconic in the field of physical volcanology’’, states the Emeritus Professor Ray Cas. ‘‘Observations of the eruption as well as endless studies of the deposits and interpretation of the eruption processes underpin many of the concepts and understanding of explosive eruption processes in modern volcanology. A review of what is known about the eruption and its deposits is therefore very important to research volcanologists, and justifies a thorough and long review paper, such as this one. The authors are to be congratulated on the extremely comprehensive details extracted from the huge historical record and contemporary scientific literature on this iconic eruption’’.
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Pompei: determinata la durata delle correnti piroclastiche generate dall’eruzione del Vesuvio del 79 d.C.
Una ricerca sugli effetti dei flussi piroclastici dell’eruzione del 79 d.C. su Pompei ha evidenziato come la durata degli stessi abbia avuto un tragico impatto sulla popolazione
Circa quindici minuti fu la durata delle correnti piroclastiche che colpirono Pompei durante l’eruzione del Vesuvio del 79 d.C.: le loro ceneri vulcaniche, inalate dagli abitanti, furono fatali, provocandone l’asfissia.
Questo è quanto rivela lo studio The impact of pyroclastic density currents duration on humans: the case of the AD 79 eruption of Vesuvius, condotto dall'Università degli Studi di Bari - Dipartimento Scienze della Terra e Geoambientali, in collaborazione con l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) e il British Geological Survey di Edimburgo, appena pubblicato ‘Scientific Reports’.
“Obiettivo del lavoro”, afferma Roberto Isaia, ricercatore dell’Osservatorio Vesuviano dell’INGV “è stato quello di sviluppare un modello per cercare di capire e di quantificare l'impatto dei flussi piroclastici sull’abitato di Pompei”.
I flussi piroclastici, infatti, sono il fenomeno più devastante delle cosiddette eruzioni esplosive. Paragonabili alle valanghe, si generano dal collasso della colonna eruttiva. I densi flussi che ne derivano scorrono lungo le pendici del vulcano a velocità di centinaia di chilometri orari, ad alta temperatura e con un’alta concentrazione di particelle.
