Teodoro Monticelli (Brindisi, 1759 - Napoli, 1845)
Teodoro Monticelli è vissuto in un periodo denso di cambiamenti, rivoluzioni, trasformazioni a cavallo tra l'illuminismo e la cultura ottocentesca.
Abate, docente, rettore, patriota e scienziato, ben presto si è spostato dal Salento per approdare negli ambienti colti della Napoli bene ove ebbe modo di farsi apprezzare per la sua versatilità e la sua preparazione. Aveva istituito un vero museo nella sua abitazione di Napoli, Palazzo Penne, ubicato nell'antica piazzetta di S. Demetrio, divenuta poi piazzetta Monticelli in suo onore. Il museo era composto da circa 16.800 reperti tra minerali, rocce e fossili. Oggi il Museo Monticelli non esiste più ma alcuni suoi reperti sono esposti nel Real Museo Mineralogico di Napoli.
Accusato e prosciolto dall’accusa di far parte della società patriottica repubblicana, fu condannato a 10 anni di prigione per la sua sospetta frequentazione con intellettuali rivoluzionari. Uscito di prigione si stabilì a Roma e poi a Napoli per curare gli studi di mineralogia, di vulcanologia, di entomologia che lo occuperanno per il resto della vita e gli procureranno fama e onori al punto di essere acclamato socio nelle maggiori Accademie d’Europa e d’America.
Studioso attento del Vesuvio, è ricordato soprattutto per due famose opere riguardanti la celebre eruzione del Vesuvio del 1822 e la mineralogia vesuviana, scritte in collaborazione col chimico Nicola Covelli, i cui riferimenti sono riportati nella pagina dedicata alla biblioteca storica dell'Osservatorio Vesuviano.
Giuseppe Imbò (Procida 1899 - Napoli 1980)
Geofisico, sismologo, fu prima assistente di Alessandro Malladra all’Osservatorio Vesuviano, poi, dal 1929, direttore dell’Osservatorio di Catania. Presidente dell'Associazione geofisica italiana, venne nominato direttore dell’OV nel 1935. L’anno successivo ottenne inoltre la cattedra di Fisica Terrestre dell’Università di Napoli. Imbò diede inizio a un vasto programma di lavori di riammodernamento della struttura dell’OV, che prevedeva la sostituzione di alcune strumentazioni soprattutto sismiche con altre più idonee. Tale programma tardò a realizzarsi a causa dell’avvento della seconda guerra mondiale; non vennero tuttavia mai sospese le osservazioni meteorologiche, vulcanologiche e sismiche, anche quando l’Osservatorio vesuviano fu requisito dalle truppe alleate. In queste circostanze avvenne l’eruzione del 1944, che Imbò studiò approfonditamente, nonostante i pochi mezzi a sua disposizione.
Il programma di riammodernamento fu ripreso al termine della guerra, e con Imbò iniziò una stretta collaborazione dell’OV con l’Istituto Nazionale di Geofisica, e con ricercatori giapponesi. Gli studi di Imbò riguardarono soprattutto la vulcanologia fisica e la sorveglianza geofisica dei vulcani.
Raffaele Vittorio Matteucci (Ripe di Senigallia, 27 ottobre 1862, Napoli, 16 luglio 1909)
Laureato in geologia presso il Real Istituto di Studi Superiori di Firenze, si trasferì a Napoli nel 1890 dove per cinque anni lavorò con il prof. Francesco Bassani.
Iniziata la carriera scientifica con lavori di chimica e petrografia, dal 1891 iniziò ad interessarsi in particolare di vulcanologia, fortemente attratto dal Vesuvio in attività. In quegli anni fu autore di numerose pubblicazioni che gli diedero fama di vulcanologo. Affrontò temi quali l'accrescimento e lo sprofondamento di edifici vulcanici, l’indipendenza dell'attività del Vesuvio da quella dell'Etna, e il legame tra le eruzioni e i terremoti. In particolare tra i sui strudi emergono quelli relativi alla previsione delle eruzioni, in cui esclude l’idea di prevedere un’eruzione sulla base della più o meno lunga durata di riposo del vulcano.
Nel 1897 scrisse "Come dovrebbe essere studiato il Vesuvio" in cui propose un Osservatorio Vesuviano che non fosse astronomico, né meteorologico, bensì vulcanologico, affermando l'idea della vulcanologia come una disciplina scientifica indipendente.
Nel 1898 visitò l’Etna, le Eolie, e le isole Egee e pubblicò subito dopo il lavoro "Sull’attività dei vulcani Vesuvio, Etna, Vulcano, Stromboli e Santorino".
Nel 1901 Matteucci presentò alla R. Accademia di Napoli i rilievi topografici del Vesuvio, eseguiti dal R. Istituto Geografico su sua proposta, in cui si riportava un rilievo in scala 1:10000 del gran cono e uno a scala 1:25000 del Somma-Vesuvio.
Nel 1903 succede a Luigi Palmieri come nuovo Direttore dell'Osservatorio Vesuviano. Negli anni precedenti l'assenza di direzione aveva portato l’Osservatorio in uno stato di degrado e Matteucci subito si impegnò, tra non poche difficoltà, a raccogliere fondi per il miglioramento della struttura.
Durante l’eruzione del Vesuvio del 1906 Matteucci si distinse in marticolare nel mantenere costantemente aggiornate le autorità e la popolazione sull'andamento dell'eruzione utilizzando il telegrafo della vicina caserma dei Carabinieri. Non abbandonò mai l'Osservatorio anche durante le fasi più drammatiche dell'eruzione e per il suo impegno scientifico e sociale ebbe una Medaglia d'oro dal Re Vittorio Emanuele III e una Targa commemorativa.
Dopo l’eruzione del 1906 ottenne i fondi necessari per la ristrutturazione dell’Osservatorio e l'acquisto di nuova strumentazione. Purtroppo non potè mai assistere ai lavori di ammodernamento dell'Osservatorio a causa della morte che sopraggiunse il 16 luglio 1909.